Vincenzo Ragusa (Palermo 1841-1927)
Tra le maglie di eventi storici di respiro internazionale, si è verificato a Palermo un fenomeno del tutto nuovo in Italia e raro in Europa, grazie al nostro scultore che, per curiose coincidenze storiche, si è trovato a vivere un’esperienza insolita e originale. Si tratta dell’avventura nipponica di Vincenzo Ragusa, invitato a fondare a Tokyo una scuola d'arte occidentale; da ciò è scaturita, da un lato, l’idea di fondare nella sua città, Palermo, una scuola d’arti orientali, evento pionieristico in Europa, e dall’altro, grazie al Ragusa, abbiamo avuto la presenza di una donna, O’Tama Kiyohara, un’artista giapponese, che ha vissuto e operato a Palermo per 51 anni.
L'esperienza palermitana di Vincenzo e O'Tama Ragusa costituì l'episodio più significativo di Giapponismo in Italia.
Affascinato dalle gesta e dalle parole di Giuseppe Garibaldi, Ragusa lo seguì ma, durante la marcia da Palermo a Milazzo, si ammalò e fu costretto a rinunziare al servizio attivo. Tornato a Palermo dove già aveva intrapreso l'attività di scultore
con gli insegnamenti dello scultore Nunzio Morello e il pittore Salvatore Lo Forte, che hanno certamente segnato il suo linguaggio nel solco di una consolidata tradizione accademica. Nel 1868 ebbe l’incarico dal Comune di Palermo di realizzare un Camino monumentale, che ancora si ammira al Palazzo delle Aquile, sede del Comune, seppure il modello in gesso non fu mai trasferito in marmo. Nel 1872 Ragusa è a Milano per partecipare all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di quell’anno il suo Camino che, lodato dalla critica per il suo originale eclettismo. Aperto uno studio a Milano ebbe vari incarichi, in particolare dal barone Paul von Derwies che gli commissionò importanti opere per il suo grande palazzo di Lugano.
I successi riscossi al nord gli diedero la carica per affrontare l'offerta dal Giappone.
Dopo i sei anni trascorsi in Giappone, Ragusa a Palermo partecipò al concorso per la realizzazione del monumento equestre a G. Garibaldi, suo mitico eroe. Vinse il concorso ed è da notare la sella del cavallo che è "americana" non italiana, perché Ragusa sapeva e conosceva che Garibaldi l'aveva portata dall'Argentina.
Dal 1640, per più di due secoli, il Giappone, aveva azzerato i rapporti con l’Occidente, pertanto la società e la cultura nipponiche, isolate dal resto del mondo, avevano finito per cristallizzarsi in forme rigorosamente conservative. Verso la metà del sec. XIX le potenze occidentali convinsero il paese del Sol levante ad instaurare rapporti diplomatici e commerciali col resto del mondo. L’arretratezza del paese riguardava tutti i campi, dalla giurisprudenza all’istruzione, dalla difesa al servizio postale, dall'arte alle nuove tecnologie, pertanto furono invitati esperti per aggiornare le strutture del Giappone. Dall'Italia giunsero esperti di diritto e uno straordinario genovese, Edoardo Chiossone, che fondò il poligrafico dello stato; per l'arte fu dato incarico all'Accademia di Brera di inviare un pittore, uno scultore e un architetto per istituire una scuola d'Arte occidentale, la Kobu Bijutsu Gakko: Ragusa partì con Fontanesi e Cappelletti. Egli insegnò a Tokyo per sei anni i modi della scultura veristica e monumentale dell'occidente sconosciuti in Giappone. A Tokyo conobbe O'Tama avviandola a dipingere secondo le tecniche e le forme occidentali e, mentre collezionava oggetti d'arte del luogo, sempre più affascinato dal quel paese tanto diverso dall'Italia, cominciò a immaginare una nuova scuola a Palermo, introducendo le tecniche orientali...
La scuola ideata da Vincenzo Ragusa e O'Tama a Palermo, dove giunsero nel 1882 da Tokyo, era stata concepita intorno al Museo giapponese con Officine di lacca, ricamo, ceramica, ecc. Ragusa aprì a sue spese la scuola nel 1884, ma già prima aveva attivato l'Officna della lacca affidata al cognato, marito della sorella di O'Tama: aveva convinto infatti la coppia a trasferirsi in Sicilia per insegnare le tecniche giapponesi. Nella foto è il progetto di un mobile laccato nello stile orientale.
La scuola di Vincenzo Ragusa a Palermo, aperta nel 1884 a sue spese, venne riconosciuta dal Ministero nel 1887 come Regia Scuola superiore d’Arte applicata all’Industria, ma gli fu imposto di eliminare gli insegnamenti di tecniche orientali e di chiudere il Museo giapponese. Scrisse con dolore Ragusa a questo proposito: «Lo sfratto immediato del prezioso Museo …e la chiusura delle officine si era ordinata perché si era fatto credere al Ministero che l’arte e l’industria giapponese potessero contagiare e umiliare l’arte italiana». La scuola ideata dai coniugi Ragusa poi si chiamò Istituto Statale d'Arte, oggi è Liceo Artistico intitolato a Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara; esso conserva alcuni degli oggetti portati dalla coppia dal Giappone e opere ad acquerello di O'Tama.
In tali condizioni lo scultore fu costretto a vendere la sua Collezione di opere giapponesi (4200 oggetti) al Museo Pigorini di Roma in due tempi: nel 1888 un primo lotto di 1.403 (L.23.000) oggetti e nel 1916 un secondo lotto di 2.769 (L.77.334). Gli oggetti della collezione riguardano: lacche, vasi in bronzo di uso cerimoniale e civile, statue buddiste e oggetti rituali in bronzo e in legno laccato, bronzetti decorativi, dipinti, libri, tra cui alcuni illustrati da Hokusai, Hiroshige e Kenzan, una raccolta di Ukiyo-e con opere di Utagawa Kunisada e Utagawa Kuniyoshi, avori intagliati, strumenti musicali, armi e armature, porcellane, maschere e costumi teatrali, ventagli, kimono, matrici per tessuti, ecc.; e anche 12 acquerelli dipinti da O'Tama prima di conoscere Ragusa ed esposti per la prima volta a Palermo alla mostra del 2017 a Palazzo Sant'Elia.
Alle mostre "O'Tama e Vincenzo Ragusa. Un ponte tra ToKyo e Palermo" allestita a Palazzo Sant'Elia a Palermo nel 2017 e "O'Tama. Migrazione di stili", allestita al Palazzo Reale di Palermo nel 2019, entrambe da me curate, vennero esposti oggetti della Collazione Ragusa, prestati dal Museo Pigorini di Roma, come disegni di O'Tama del periodo giapponese e questo kimono, nella foto, e diversi bronzi.
Quando nel 1882 Ragusa decise di tornare a Palermo, gli allievi della scuola di Tokyo gli donarono un album fotografico, documento molto importante per avere idea di ciò che essi producevano nel corso e conoscere anche tante opere del maestro oggi disperse.Esso è composto da 24 fogli in cartone (cm. 35x46,50), con 60 fotografie, in particolare: 1 doc., 2 fotografie della scuola, 14 fotografie di lavori degli allievi e 43 fotografie di opere di Ragusa. Il prezioso Album, dopo il mio ritrovamento, è stato restaurato da Stefania Ruello ed è oggi conservato presso la Biblioteca dell’Ars di Palermo, sita al Palazzo Reale. [M. A. Spadaro, Vincenzo Ragusa e l’enigma dell’album ritrovato, in Kalós Arte in Sicilia, anno 24, n. 4, ottobre-dic. 2012, pp. 34-36]
Questo marmo che ritrae magnificamente il ricco possidente di S. Stefano Quisquina, Filippo Reina, firmato e datato 1872, dimostra l'abilità del trentenne Ragusa nella ritrattistica sia per il verismo che per la straordinaria resa dei particolari del volto e dell'abbigliamento. Quello stesso anno Ragusa avrebbe lasciato la Sicilia per Milano e poi per il Giappone, tornando nella sua città dieci anni dopo. [C. Bajamonte, M. A. Spadaro, a cura di, Studi sul Giapponismo, Ed. Fondazione Federico II, Palermo 2019]
V. Ragusa scrive: «…l’industria giapponese m’ispirò l’idea di rimpatriare e di portare incremento alle nostre industrie…” p. 8; e ancora: “Nel 1882 reduce dal Giappone … pieno l’animo di ardente entusiasmo indotto vivendo per sette anni in mezzo ad una popolazione dotata di squisite e geniali attitudini artistiche … volli portare il contributo di figlio devoto al progresso della mia negletta patria, impiantando in Sicilia le Scuole d’arte applicate all’industria», in V. Ragusa, Sul Riordinamento della R. Scuola Superiore d’arte applicata all’industria di Palermo, Tip. C. Sciarrino, Palermo 1904, p. 10.
Ancora Ragusa scrive: «… E mentre ho seguito lo svolgersi e il fecondarsi delle altre scuole industriali d’Italia, con grande rammarico ho visto e seguito il corrodersi lento ostinato della nostra» in Auto-difesa e relativi documenti del Prof. Cav. Uff. Vincenzo Ragusa, Parte Prima, Tip. Spinnato, Palermo 1898, p. 4
Nella tomba di Ragusa al Cimitero dei Rotoli si legge:
«Qui le ceneri di Vincenzo Ragusa valoroso artista palermitano diffuse l'arte della scultura in Giappone e in Italia. Fondò Accademie e Scuole costruì la statua equestre di Giuseppe Garibaldi» 8 luglio 1841 - 13 marzo 1927"
In una lapide aggiunta, solamente appoggiata alla colonna, è scritto: «Le spoglie di Otamà Chiovara venute dal lontano Giappone si sono ricongiunte a quelle dell'amato sposo» Palermo maggio 1985 (mancano le date relative a Otamà.)
Opere di Vincenzo Ragusa si trovano in Sicilia, a Milano e Lugano; a Tokyo si conservano circa trenta opere, sedici delle quali donate all’Università – dove sono esposte – dalla moglie Eleonora Ragusa quando, nel 1933, fece ritorno in Giappone. La sua opera più nota è il Monumento equestre a G. Garibaldi di Palermo del 1891, ma esistono alcuni capolavori in terracotta, marmo e gesso, conservati a Palermo, in collezioni pubbliche e private. L'esperienza palermitana di Vincenzo e O'Tama Ragusa costituisce l'episodio più significativo di Giapponismo verificatosi in Italia.
Nella copertina firmata da R. Huber del pieghevole con il programma dell'Esposizione Nazionale di Palermo 1891-92, vediamo in basso il Monumento a G. Garibaldi di V. Ragusa inaugurato in quella occasione in via Libertà.
Bibliografia essenziale su Vincenzo Ragusa (Palermo 1841-1927):
- M. Oliveri, Un artefice del marmo,Edizioni Arte Nova, Palermo 1929;
- Raffaella Messina, Ottocento siciliano dimenticato.Tre scultori palermitani: Benedetto Civiletti, Vincenzo Ragusa e Mario Rutelli, in «Dialoghi di Storia dell’arte», n. 7, dicembre 1998, pp. 112-129;
- V. Crisafulli, 1884. Vincenzo Ragusa e l’Istituto d’arte di Palermo, Ed. Kalós, Palermo 2004;
- M. A. Spadaro, O’Tama e Vincenzo Ragusa. Echi di Giappone in Italia, Ed. Kalós, Palermo 2008;
- Kitago Satoru, Furuta Ryu, Vincenzo Ragusa e Rokuzan Ogiwara: scultura dell’epoca Meiji, catalogo mostra, Museo d’Arte Università di Tokyo, Università d’Arte di Tokyo, 23 ottobre 2010;
- M. A. Spadaro, Vincenzo Ragusa e l’enigma dell’album ritrovato, in Kalós Arte in Sicilia, anno 24, n. 4, ottobre-dic. 2012, pp. 34-36;
- M. A. Spadaro, O’Tama e Vincenzo Ragusa. Un ponte tra Tokyo e Palermo, Cat. della Mostra, Palazzo Sant'Elia, Palermo 2017;
- O'Tama. Migrazione di stili, Mostra ideata da M. A. Spadaro e dalla Fondazione Federico II, Palazzo Reale, Palermo 2019.
- C. Bajamonte, M. A. Spadaro, a cura di, Studi sul Giapponismo, Ed. Fondazione Federico II, Palermo 2019
- M. A. Spadaro, The Japanese Art Collection of O’Tama Kiyohara Ragusa, in Women, Collecting and Cultures Beyond Europe, a cura di Arlene Leis, Routledge, New York, 2022, pp. 47-54
- M. A. Spadaro, Vincenzo Ragusa e il giapponismo tradito, sul Giornale di Sicilia del 30 marzo 2022 (p. 21)
- AA.VV., Il Museo. Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara 1884-2024, Ed. IIS Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara, F. Parlatore di Palermo, Palermo 2024
IMPRESSIONI D’ORIENTE Arte e collezionismo tra Europa e Giappone
Milano Dal 1 ottobre 2019 / 2 febbraio 2020
Al MUDEC di Milano una mostra che racconta da diversi punti di vista - artistico, storico ed etnografico - i reciproci scambi tra Giappone ed Europa attraverso il tempo e l’incontro culturale tra i due mondi.
La mostra illustra attraverso una selezione ampia e diversificata di opere provenienti dall’Italia e dall’estero, lo sviluppo di quel gusto orientato verso il Giappone che pervase la cultura artistica occidentale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in particolar modo in Francia e in Italia.
In mostra anche tre opere di O'Tama Kiyohara e Vincenzo Ragusa provenienti da Palermo. Dello scultore era esposto "Il conducente di riskò", in terracotta e conservato presso la Gam di Palermo insieme al ritratto di O'Tama, anch'esso in terracotta.
Sul Giornale di Sicilia del 30 marzo 2022 l'articolo di M. A. Spadaro
"Vincenzo Ragusa e il giapponismo tradito" (p. 21) percorre la vita dell'artista
e rivela l'amarezza per il fallimento del rivoluzionario progetto della scuola
d'arte orientale che egli insieme alla moglie, O'Tama Kiyohara, avevano deciso di
fondare a Palermo. La scuola-officina era affiancata dal museo d'arte orientale
allestito con i circa 4.200 oggetti da loro acquistati in Giappone. I Ragusa furono
costretti a vendere la loro collezione al Museo Luigi Pigorini di Roma, quando il
Ministero impose l'eliminazione dei corsi di tecniche orientali e contestualmente la
chiusura del museo.
Purtroppo la Collezione Ragusa, ben conservata presso il Museo Luigi Pigorini
(ora Museo delle Civiltà), non è esposta al pubblico.
Nel periodo in cui artisti italiani lavorarono in Giappone, nella seconda metà del sec. XIX con la dinastia Meiji, quando il Giappone aprì le frontiere all'Occidente, Vincenzo Ragusa (da Palermo) ed Edoardo Chiossone (da Genova), invitati dall'imperatore ad aggiornare con altri le strutture del paese, furono amici.
Al Museo d'arte orientale E. Chiossone di Genova, diretto da Aurora Canepari si è tenuto, il 6 aprile 2024, il convegno su O'Tama e Vincenzo Ragusa.
Interventi di: Aurora Canepari, Keiko Ichiguchi, Rosalba Federico, Paolo Linetti, Massimo Soumaré e Maria Antonietta Spadaro.
Altri siti di Maria Antonietta Spadaro: mariaantoniettaspadaro.onweb.it
https://sites.google.com/view/unbeneculturalesalvato/home?authuser=0
https://sites.google.com/view/pippo-orlando/home
Crea il tuo sito Gratis, Facile e Professionale!
www.onweb.it